Sotto la lente 24 imprese e 1.600 dipendenti: tassi di adesione al 71 per cento. Garantite in media 8.6 settimane aggiuntive retribuite al 100%.
Dopo la pandemia sono aumentate le aziende che offrono congedi di paternità più estesi rispetto ai dieci giorni obbligatori previsti a livello nazionale (il 6,6% circa dei cinque mesi del congedo di maternità). Soddisfazione e tassi di adesione sono elevati, sopra il 70%, con l’età fattore determinante: più i padri sono giovani, più ricorrono al congedo. Segno che qualcosa sta cambiando. E che lo stereotipo che vuole le donne a casa e gli uomini al lavoro si può spezzare. A fotografare le sperimentazioni in 24 aziende, 22 delle quali offrono un congedo più lungo, è lo studio “Verso una genitorialità condivisa” che sarà presentato il 26 ottobre alla Camera, realizzato dal think tank Tortuga su impulso della deputata Pd Lia Quartapelle, con il coinvolgimento di Cristina Rossello (Forza Italia) e della rete Ceo for Life.
Si tratta del primo rapporto che analizza i casi virtuosi attraverso 24 interviste ai manager delle risorse umane o responsabili delle policy aziendali su questi temi e questionari compilati da 1.600 dipendenti di 12 imprese (Abb, Avanade, Carrefour, Haleon, Mondelez, Nestlé, Sisal, Takeda, Teleperformance, Unicoop, Vodafone e Wbd). Spesso l’offerta di un congedo più esteso (con la facoltà di frazionarlo nel 66,6% dei casi) si accompagna ad altri servizi, come supporto psicologico, asilo nido e flessibilità dell’orario. Le aziende intervistate offrono in media 8,6 settimane di congedo retribuito al 100% in aggiunta alla normativa nazionale, con un minimo di una settimana e un massimo di 26 settimane. L’impatto sul turnover del personale in due aziende su tre è assorbito soprattutto con una riorganizzazione del lavoro per il periodo del congedo. Senza sostituzioni, ossia senza ulteriori costi.
Il tasso di adesione alla politica tra i lavoratori idonei è del 71%, una percentuale superiore alla media nazionale relativa al congedo Inps. Oltre all’età, contano il lavoro in presenza (chi non può lavorare da remoto aderisce di più) e le convinzioni: ne usufruisce meno chi ritiene che la donna sia la principale responsabile della cura dei figli. L’87% dei beneficiari ricorre al congedo per stare più vicino al figlio e sostenere la partner. Coloro che hanno scelto di non aderire adducono come motivazione la pressione sentita dal contesto lavorativo e i possibili impatti negativi sulla carriera. Una preoccupazione smentita dai fatti: sette padri su dieci non hanno subito alcuna ripercussione. E tutti dichiarano che lo utilizzerebbero di nuovo.
Il 96% dei partecipanti al questionario è favorevole all’estensione del congedo a livello nazionale. Gli uomini indicano una durata di quattro settimane, le donne di 23-24 settimane. «Il nostro obiettivo - spiega Quartapelle - è che i padri che si occupano dei figli non siano più un’eccezione, ma la norma. È fondamentale che il Parlamento e le istituzioni agiscano con decisione per rendere il congedo di paternità obbligatorio della stessa lunghezza del congedo di maternità». Lo «shock che serve» per interrompere la spirale di bassa crescita e bassa natalità che sta soffocando l’Italia.
Cit. “Il Sole 24 Ore”